Salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza del Pri/Il discorso di Nucara a Cesenatico La battaglia repubblicana continua ancora Francesco Nucara ha tenuto quello che potrebbe essere stato il suo ultimo discorso da segretario del Pri in Romagna a Cannuceto, frazione di Cesenatico, in occasione della festa repubblicana del circolo Endas. Dopo dodici anni di segreteria, in prossimità del congresso straordinario, Nucara ha detto che al partito farà bene un rinnovamento anche perché si sono incrostate troppe situazioni che lo penalizzano. E questo poco ha a che vedere con richieste di dimissioni che pure provengono inopportunamente, visto che l’indicazione del Congresso in autunno testimonia che la segreteria è dimissionaria. A maggior ragione allora rendere omaggio ai repubblicani di Cesenatico, "un partito che c’è", e che non ha mai smesso di credere in se stesso. di Francesco Nucara Oggi sono qui in questa frazione di Cesenatico per testimoniare l’affetto e il senso profondo della mia amicizia verso tutti i Repubblicani di Romagna, senza distinzione di posizioni politiche. In particolare, però, la mia testimonianza di affetto, oggi e qui, si rivolge ai Repubblicani di Cesenatico, che mi hanno sempre sostenuto nelle innumerevoli battaglie politiche da me intraprese, che ho sempre cercato di portare a termine. Questo di oggi potrebbe essere il mio ultimo discorso in Romagna da segretario del Partito. Anche se debbo ricordare che Paolo di Tarso sosteneva: "Più sono debole e più mi sento forte". Questa affermazione serve per sottolineare come, pur sentendo il peso di una situazione divenuta insostenibile, non avrei alcun problema a continuare le battaglie politiche che ho intrapreso ormai da mezzo secolo. E’ inesauribile l’amore che ho per il Partito, a cui debbo riconoscenza per avermi forgiato come uomo più ancora che per il fatto di avermi dato onori: questi ultimi compensano abbondantemente le amarezze, molte delle quali ricevute gratuitamente e proprio qui in Romagna. Lascio la segreteria del Partito perché dopo dodici anni cambiare segretario è giusto e opportuno. Non serve, a mio avviso, un cambiamento radicale: serve un rinnovamento, che pur nel solco della tradizione possa adempiere al dovere di completare il percorso già iniziato con le tesi programmatiche. E chi si orienta verso alleanze, di destra o di sinistra non importa, senza badare ai contenuti programmatici, tradisce tutta la storia repubblicana. Per rilanciare il PRI, e il mio auspicio è che ciò possa avvenire rapidamente, dobbiamo avere come riferimento i principi base del repubblicanesimo, adattandoli alla situazione attuale, con l’idea che quando le liti portano danni non ci sono mai vincitori. Chi più e chi meno perdono tutti. A guadagnarci saranno solamente gli avversari politici. I Repubblicani devono avere la dignità di rispettare il contratto che hanno liberamente sottoscritto al momento del ritiro della tessera. Se non si vuole rispettare il contratto si restituisca la tessera. Ciò non significa, ovviamente, limitare il dissenso. Significa che l’eccesso di frazionismo porta direttamente alla scomparsa del PRI. Deve valere per tutti la legge della parola prima ancora delle leggi codificate. La legge della parola è ciò che i padri trasmettono ai figli. Non è solo il mantenimento della parola data, ma è qualcosa di più, di molto di più. Se nella vita di ognuno di noi non dovesse sussistere la legge della parola, intesa come comunicazione e condivisione, avremmo solo una vita animale, senza prospettive e dedita al puro godimento delle cose materiali. Si può essere ministri o assessori, ma senza la legge della parola, che tramanda le tradizioni e la storia dei nostri antenati, avremmo una vita di puro godimento dell’interesse personale. La legge della parola significa anche che un padre non è l’elemento decisorio sulla vita dei propri figli, ma che di essa si serve per trasmetterla fino a trasferire al figlio la sua autorità. Come dice Massimo Recalcati nel suo bel libro "Il complesso di Telemaco": "Il padre è il simbolo della Legge, ma lo è solo è in quanto possibilità di rappresentare la Legge senza godere della Legge". Alcuni amici repubblicani romagnoli rappresentano lo specchio di una realtà che non appartiene più a loro, proprio perché manca loro il senso della legge come descritta. "Il movimento dell’ereditare può sempre fallire". E proprio qui a Cesena, a me pare, si raffigura la sintesi del fallimento ereditario. Addirittura si rifiuta questa eredità politica e morale, che ci arriva da un padre nobile come Mazzini, per rifugiarsi nella ricerca di "un partito che non c’è". Questi repubblicani hanno bisogno della lampada di Diogene per cercare l’Uomo in pieno giorno. L’ "Uomo" noi l’abbiamo: sono i padri fondatori del PRI. A chi ci critica diciamo che non abbiamo mai cercato comodità, né privilegi: abbiamo sempre inteso dare il nostro contributo per migliorare le condizioni economiche, sociali e civili del popolo italiano. La nostra eredità politica e morale non deve servirci solo per guardare all’indietro. Non vogliamo recidere il legame con il passato: tutt’altro, il passato vogliamo reinterpretarlo per dare modernità al nostro pensiero politico. Senza memoria, cari amici di Cesena, sarete nel deserto. Il Partito Repubblicano ha cercato di connettere il passato con la modernità del presente, attraverso il lancio del Progetto Liberaldemocratico, attraverso l’elaborazione di tesi programmatiche che dessero concretezza a un disegno politico, seguendo le orme di Mazzini che così concludeva lo scritto: "I sistemi e la democrazia": "Educazione morale, uniforme, universalmente diffusa – trasformazione assoluta del sistema dei tributi – economia nello Stato – aumento di produzione – abolizione progressiva dei grandi intermedi, da quelli infuori che sono indispensabili alla circolazione, tra la produzione e il consumo – unione del capitale e del lavoro per mezzo delle associazioni operaie – son queste le condizioni del problema economico che il secolo e la democrazia repubblicana sono chiamati a risolvere". Repubblicani di Romagna, eccovi servito su un piatto d’argento il progetto liberaldemocratico. I repubblicani quindi un progetto lo hanno già e anche un partito per realizzarlo. In tutte le associazioni, come in tutte le guerre, come in tutte le alleanze, vi sono i sabotatori e Mazzini ne sapeva qualcosa! Cari amici, io sono arrivato alla fine del mio percorso: ho dedicato cinquant’anni della mia vita agli ideali repubblicani, senza mai venir meno alla parola data, con nessuno, amici o avversari che fossero. Ho tutelato l’autonomia del Partito Repubblicano, rinunciando a cariche e prebende personali e di certo non me ne pento. La vergogna ricada su quanti hanno inteso vendere il nostro onore di repubblicani ad altri. Noi non siamo diversi, nell’accezione di togliattiana memoria; semplicemente, quando siamo repubblicani, e non sempre lo siamo, siamo migliori. Come ha dimostrato Bruna Righi, amici repubblicani, non interessatevi ai posti in giunta e alle vice-sindacature: interessatevi alle sorti delle popolazioni del vostro territorio. Cari amici della Consociazione di Cesena, ascoltate la voce di Ugo La Malfa che tanto avete osannato e che non ha lasciato eredi di "stirpe". Egli sosteneva: "La verità è che il valore politico, morale, la presenza di un partito si preparano; non si improvvisano; si preparano". Avete sentito bene, cari amici, in politica se si è seri non esistono le improvvisazioni e non si cercano partiti che non ci sono, mirando a qualche misera posizione di trincea. Liberate le vostre forze e mettetele a disposizione del progetto liberaldemocratico, non abbiate timore del tempo che passa. Tutti i grandi progetti hanno bisogno di tempo per essere realizzati. Come avete avuto modo di notare, i movimenti nascono e muoiono nel giro di qualche settimana: non ultimo il movimento di Grillo; ma prima di lui Segni, Leoluca Orlando e persino la Lega ancorché radicata sul territorio. E avete mai visto gli scissionisti avere fortune politiche? No, mai! Noi, tutti noi, non dobbiamo restare immobili nei ricordi, ma dobbiamo reinterpretarli e andare avanti: solo così possiamo meritare l’eredità politica e morale che abbiamo ricevuto. Un’eredità che è costata morti, carceri, esìli, latitanze, mentre oggi basta una candidatura in Parlamento o un posto in una giunta comunale o provinciale per acquietare un animo che dovrebbe esser pugnace e non lo è. E lo dico proprio a voi, repubblicani di Romagna che vi reputate gli antesignani del repubblicanesimo: non siate foglie morte, ma germogli per un futuro migliore. Mercoledì scorso mi è pervenuta una lettera in cui mi si chiede un congresso straordinario: mi si chiede, cioè, di fare quello che avevo deciso, comunicandolo alla Direzione Nazionale. Tafazzi doveva essere di certo ravennate! Ho sempre desiderato farmi capire e farvi capire: io non amo essere interpretato. Noi abbiamo dimostrato di non temere nulla e di non avercela con alcuno, modificando lo statuto del partito per far partecipare tutti agli organismi. Noi non abbiamo beghe da comari con le quali perdere tempo. Abbiamo invece un progetto che parte da lontano e conserva il suo valore, ancor di più oggi, proprio in uno dei momenti di maggiore crisi del Paese: crisi istituzionale, economica, sociale e civile. Visto che ci sono giovani che ascoltano, mi rivolgo a loro citando proprio l’appello ai giovani di Mazzini: "Non rispondo ad accuse ingiuste e sapute tali da chi le proferisce o ispirate da passioni individuali che non albergano nell’animo mio. Compiango e taccio". Cari giovani amici, voi non avete bisogno di nuove idee, avete bisogno di un terreno di lotta dove poter esprimere le vostre potenzialità per giovare alla causa del repubblicanesimo. Aiutateci a difendere le idee repubblicane! Saremo pure pochi, ma siamo animati da un anelito di libertà che altri non hanno. Difendete sempre e comunque i vostri diritti dopo che avete adempiuto ai vostri doveri. Impegnatevi in un progetto che possa darvi spazio per studiare, per lavorare, per crescere moralmente. La crescita materiale verrà dopo. Non invertite le due cose: sarebbe la rovina per il vostro futuro. Dovete sapere che essere repubblicani è stato sempre molto difficile e lo è ancora più oggi, quando a parlare sembra di predicare nel deserto. E tuttavia, anche nel deserto, prima o poi qualcuno passerà, vi ascolterà e lo acquisirete alla causa del nostro futuro. E il nostro futuro saranno i nostri figli e i nostri nipoti. Giovani amici, nel bel libro di Massimo Recalcati, sono individuati sostanzialmente tre tipi di "complesso": quello di Edipo, quello di Narciso e quello di Telemaco. Tutti e tre appartengono per un verso o per l’altro al popolo repubblicano! Alcuni, con il complesso di Edipo tendono ad ammazzare il padre, che per noi, visto che parliamo di politica, è nientemeno che Mazzini! Altri, come Narciso, si specchiano nella loro immagine riflessa, non riuscendo più a venirne fuori, fino a isolarsi completamente dal mondo esterno, senza rendersi conto che ciò li porterà al "suicidio". Infine il complesso di Telemaco. Telemaco, figlio di Ulisse, va alla ricerca del padre andato via per la guerra di Troia; non lo trova, ma non dispera: si siede sulla riva del mare e aspetta il suo ritorno. Ulisse sconfiggerà i Proci e riconquisterà Penelope. Ecco giovani amici, noi aspettiamo che ritorni in patria il pensiero di Mazzini, sempre attuale e ahimè non ancora realizzato, per sconfiggere i Proci dei consigli regionali, quelli della corruzione, quelli delle ruberie, quelli dei privilegi all’interno del partito e all’esterno. Solo allora noi potremo concludere dignitosamente il nostro percorso e voi potrete tracciare le vie dell’avvenire. |